Quando gustiamo un buon caffè, difficilmente immaginiamo il lungo e affascinante percorso che i chicchi hanno compiuto per arrivare nella nostra tazzina. Dalla pianta al chicco tostato, ogni fase è cruciale per determinare aroma, corpo e qualità finale della bevanda. In questa tappa della rubrica “Nel cuore del chicco”, esploriamo passo dopo passo il cammino del caffè, dalla coltivazione fino alla tostatura.

Coltivazione: dove nasce il caffè
Tutto comincia nelle fasce tropicali del pianeta, tra il Tropico del Cancro e quello del Capricorno, dove il clima caldo-umido e l’altitudine offrono le condizioni ideali per la crescita della pianta di caffè. Le varietà più comuni sono Arabica e Robusta, ognuna con caratteristiche botaniche e aromatiche differenti. La pianta produce piccoli frutti rossi, detti drupe o ciliegie del caffè, che contengono al loro interno due semi: i chicchi di caffè verde.
Esatto, il caffè in natura è verde, non nasce scuro come siamo abituati a vederlo! Il colore scuro è dovuto al processo di tostatura, ovvero la “cottura” del caffè verde.
Raccolta: manuale o meccanica
La raccolta può avvenire in due modi:
- Picking: per picking si intende la raccolta manuale delle ciliegie più mature e pronte. Questo metodo è chiaramente più lento e quindi costoso poiché non c’è alcun processo meccanizzato. Il vantaggio è quello di poter selezionare i frutti di maggior qualità e quindi di ottenere un prodotto finale con caratteristiche organolettiche migliori
- Stripping: per stripping si intende la raccolta non selettiva dei frutti. Il ramo viene completamente svuotato dei sui frutti, che siano maturi o meno. Questo metodo è molto più veloce del precedente ma, come potrai intuire, la qualità del prodotto finale risulterà più scarsa. In alcuni casi però si fa una selezione post raccolto con l’ obbiettivo di separare le drupe migliori. Se questo viene fatto avremo un prodotto finale di ottima qualità ma ci sarà anche un prodotto di scarto che non verrà utilizzato oppure sarà destinato alle produzioni che non richiedono particolari standard qualitativi
Lavorazione: dalla pianta al chicco
Una volta raccolte, le ciliegie devono essere lavorate rapidamente per evitare fermentazioni indesiderate. Esistono tre metodi principali:
- Lavato (washed): Tra tutti i metodi di lavorazione post-raccolta, il metodo washed, o lavato, è considerato uno dei più raffinati e tecnici. Il processo comincia poche ore dopo la raccolta, quando le ciliegie mature vengono inserite in una spolpatrice meccanica, che rimuove la buccia esterna e parte della polpa. Il chicco, ancora avvolto da uno strato zuccherino detto mucillagine, è pronto per la fermentazione che durerà per un periodo che varia tra 12 e 72 ore, a seconda di altitudine, temperatura e varietà. La fermentazione può essere fatta a secco o in acqua. Questa fase è molto importante perché influenza il profilo aromatico del prodotto finale. Successivamente i chicchi vengono lavati in acqua corrente e posti su degli essiccatori meccanici fino al raggiungimento del 10-12% di umidità.
- Naturale (dry):è uno dei metodi più antichi e tradizionali per la lavorazione del caffè, utilizzato soprattutto in regioni dove l’acqua è scarsa, come in Etiopia o in alcune zone del Brasile. Dopo la raccolta le ciliegie intere (non spolpate) vengono stese su letti rialzati o patios, dove vengono lasciate ad asciugare per circa un mese fino al raggiungimento del 10-12% di umidità. Successivamente vengono decorticate meccanicamente e pulite per ottenere il classico chicco verde che a questo punto è pronto per essere esportato.
- Honey (semi-lavato): è una via di mezzo tra il metodo washed e il dry. La differenza sta nel fatto che la mucillaggine zuccherina che sta all’ interno della ciliegia non viene lavata subito ma rimane invece aderente al chicco durante la fase di essiccazione. Questo fa sì che la mucillaggine subisca una sorta di caramellizzazione che conferirà poi al chicco maggiore dolcezza e corposità. Questo è uno dei motivi per cui questo metodo è molto apprezzato nell’ ambito del caffè specialty.
Avremo modo di approfondire i processi di lavorazione di ogni metodo nei prossimi articoli, ma intanto se ti capita di leggere “metodo Honey” su un caffè che vorresti acquistare hai già un’ idea di cosa significhi.

Essiccazione: il tempo della pazienza
Come accennato in precedenza, l’ essiccazione ha come scopo quello di ridurre l’ umidità del chicco ad un valore compreso tra il 10 e il 12% per far sì che non si sviluppino muffe o fermentazioni indesiderate. Questa fase può essere eseguita esponendo i chicchi al sole (sun drying) o può essere meccanica, tramite l’ utilizzo di essiccatoi meccanici ad aria calda forzata. E’ possibile anche una combinazione di entrambe le metodologie a seconda delle esigenze della farm.
L’ essiccazione al sole è più naturale, ma ovviamente richiede molta più manodopera e più tempo. L’ altra invece è più rapida ma più difficile da gestire ed ha sicuramente un costo energetico molto più elevato.

5. Decorticazione e selezione
Indipendentemente dal metodo di lavaggio ed essicazione che è stato utilizzato, intorno al chicco rimarrano sempre dei residui che andranno eliminati per ottenere finalmente il chicco verde nudo e crudo. Questo processo prende il nome di decorticazione. Anche questa fase è meccanizzata e prevede l’ utilizzo di decorticatrici che possono essere di varie tipologie, ma con l’ obbiettivo unico di separare i residui della lavorazione dal chicco.
Dopo la decorticazione avviene l’ ultima importantissima fase che precede l’ insacchettamento e quindi l’ esportazione: la selezione dei chicchi. Questa ha lo scopo di eliminare i chicchi che presentano difetti importanti e di dividerli per dimensione o peso o colore a seconda dei casi. Molto spesso questa fase è manuale ma nelle farm più grandi può essere svolta anche essa da macchinari specifici.


